sabato 3 marzo 2012

right as rain.

Dopo i primi due anni di lavoro in reparto, il giorno in cui è arrivato il momento di smettere, di cambiare, mi sono ritrovata in mente solo due pensieri, silenziosi, discreti, ordinati, quasi umili. Il primo era scontato, non mi sentivo all'altezza del ruolo che avrei dovuto ricoprire, e ora che sono passati due mesi posso confermare che non lo ero, ma per motivazioni molto distanti da quelle che credevo, e non è la prima volta in cui la vita, dopo un adeguato periodo di tempo, decide di accontentarmi dandomi ragione anche nelle mie previsioni più pretenziose, a tratti ingenuamente disfattiste, scegliendo di passare attraverso strade, persone, risvolti, associazioni, scoperte che non avrei di certo toccato e scomodato spontaneamente, tanto è banale la rappresentazione che ho della mia mediocrità e del suo fondamento. Il secondo era che ti avrei dimenticato come ho fatto con ogni persona che, per motivi ogni volta diversi ma solo formalmente distanti, ho dovuto accettare di non poter più avere, ritrovandomi a dover smettere di desiderare. So di avere una memoria che tende spontaneamente a raggiungere una posizione di equilibrio in cui è naturalmente scarna, priva, libera, so che, se non sto attenta e non mi ripeto le storie che voglio ricordare, lei mantiene solo le linee fondamentali di ogni evento, rendendo tutto il resto irrecuperabile, non più esistito, lasciandomi a volte solo il nome di una persona o un'immagine neutra che diventa via via meno aderente alla realtà ogni volta che tento di ridisegnarci intorno tutto quello che mi manca, altre volte ancora solo la coscienza di aver conosciuto e di aver vissuto, come la struttura esterna di un ricordo senza più contenuto. Proprio perché mi conosco e sapevo che sarei stata io a privarmi di te, e non il tempo, non la stanchezza o altre scuse d'ordinanza, mi ero ripromessa di trascrivere più fedelmente e dettagliatamente che potevo quello che ancora ero in grado di ricordare prima che cambiassi ambiente, sfondi, stanze, compagni, orari, abitudini, prima di allontanarmi materialmente da quella collezione di stimoli naturali che era la mia vita lavorativa quotidiana nei confronti di ogni cosa potesse essere catalogata come noi due. Proprio perché mi conosco, poi, non l'ho fatto, perché ho preferito, fra i mali possibili attraverso cui sarei comunque dovuta passare, arrivare a questo punto, in cui non mi manchi perché non sono più capace di sentire che tu sia stato presente in un periodo, vero, realmente accaduto, della mia vita.
Adesso sei un contenitore in cui conservo i racconti di tutte le cose di me che sei riuscito a cambiare, ma sono quasi tutte storie scritte dopo, quando già tu non c'eri più, quindi non credo valgano per assolvermi e perdonarmi questa volta, e allo stesso tempo sei un capitolo semplificato, rivisto, ritagliato fino a lasciarmi solo le linee portanti di una figura che non saprei più descrivere o disegnare, e se quando ho rivisto tutte quelle tue foto mi sono ritrovata a piangere in modo così violento e ridicolo è stato perché in quel momento ho scoperto di nuovo, e quindi poi ho dovuto accettare ancora, che eri davvero stato e che ti avevamo perso in un modo irrimediabile, tremendo, definitivo, oltre ogni stupido discorso sul tempo che passa, sull'insoddisfazione esistenziale e sul male di vivere.
Ci sono molte cose di me che non ti ho detto, e non perché non ne abbia avuto il tempo o l'occasione, ma perché ho preferito non spiegarti e non mostrarti chi ero e di cosa ero e sono capace, per vergogna e per paura che non avrei poi potuto continuare a vivere, come avevo bisogno di fare, in quel modo esatto in cui riuscivo a toglierti la paura, nonostante gli anni che ci dividevano, nonostante la tua bellezza così giovane e pulita contrapposta al mio sentirmi cronicamente inquieta e rovinata, nonostante i nostri ruoli, nonostante il tuo intuito fuori dal comune dal quale a volte ho dovuto inventare un modo per difendermi. Ho voluto lasciare tutto così com'era nato, un legame splendido, intimo, fatto dell'affetto più puro e immotivato, senza ragione o fondamento, senza parole e senza categorie, qualcosa di irripetibile.

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